In un contesto in cui le questioni legate all’immigrazione e ai diritti civili sono al centro di un acceso dibattito, la storia di Rachela Baroni, professoressa di italiano e storia all’istituto enogastronomico Beccari di Torino, emerge come un esempio di empatia e solidarietà. Il 20 gennaio 2024, Rachela ha deciso di accompagnare una delle sue studentesse, una giovane di 18 anni di origini nigeriane, all’Ufficio immigrazione della questura di Torino. L’obiettivo era avviare le pratiche per il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto, un passo fondamentale per garantire alla ragazza l’accesso ai diritti fondamentali e alla salute.
La giovane studentessa, che vive in Italia da quando era piccola, si trovava in una situazione drammatica, aggravata dalla recente perdita della madre avvenuta nell’agosto 2023. Questo evento ha avuto un impatto profondo sulla sua vita, portandola a soffrire sia emotivamente che fisicamente. Tuttavia, senza documenti, la ragazza non aveva accesso a cure mediche, un fatto inaccettabile che ha spinto Rachela a intervenire. “Ciò che mi ha spinto ad aiutare questa mia studentessa è stata la sofferenza che ho visto in lei”, ha dichiarato la professoressa in un’intervista a Fanpage.it.
La coda all’Ufficio immigrazione
Il giorno dell’appuntamento, Rachela e la sua studentessa si sono presentate all’Ufficio immigrazione alle 5 del mattino, armate di seggiolini da spiaggia, tè caldo e biscotti per affrontare l’attesa. Davanti a loro c’erano già circa 20 persone, e la situazione all’esterno era desolante: pioggia, freddo e molti dormivano in tende improvvisate. “Ho visto una coda rispettosa, silenziosa, ma sicuramente disumana”, ha osservato Rachela, evidenziando le difficoltà che molte persone devono affrontare per ottenere i documenti necessari per vivere dignitosamente.
La situazione dell’Ufficio immigrazione a Torino non è un caso isolato, ma rappresenta una realtà comune in molte città italiane. Gli uffici sono sovraffollati e le attese possono durare settimane, se non mesi. La professoressa Baroni ha denunciato questa situazione, sottolineando come sia necessaria una riforma del sistema per garantire un accesso equo ai servizi di immigrazione.
La speranza per il futuro
Nonostante le difficoltà, la presenza di Rachela ha dato nuova speranza alla sua studentessa. “Non so se la mia presenza abbia inciso – ha detto la docente – ma la mia studentessa sostiene che anche in passato si era trovata in coda tra i primi, senza tuttavia riuscire ad accedere”. Questo mette in luce il problema delle disparità nel trattamento delle persone che cercano assistenza, a seconda delle circostanze e delle condizioni in cui si trovano.
La storia di questa giovane non è un caso isolato. All’istituto Beccari, dove insegna Rachela, ci sono 96 studenti senza cittadinanza, un numero significativo che pone interrogativi sul futuro di questi ragazzi e sulla loro integrazione nella società italiana. La mancanza di documenti non solo limita l’accesso ai servizi sanitari, ma può anche compromettere il percorso scolastico. Fortunatamente, l’Ufficio scolastico regionale ha confermato che potrà sostenere gli esami, anche senza documenti.
Dopo l’incontro con la questura, è emersa una luce di speranza: la studentessa potrà avviare la pratica per il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, in quanto la sorella maggiore è già cittadina italiana. Questo passaggio rappresenta un traguardo importante, ma rimane la necessità di un approccio sistematico e informato per affrontare le problematiche legate all’immigrazione.
L’impegno civile di Rachela
Rachela ha sottolineato l’importanza di creare percorsi di formazione e informazione per gli studenti, affinché siano consapevoli dei diritti che hanno e delle procedure da seguire per ottenere i documenti necessari. La professoressa Baroni ha affermato che questa esperienza l’ha spinta a impegnarsi di più in ambito civile. “È importante schierarsi dalla parte degli umili e dei più fragili”, ha detto, evidenziando la necessità di una maggiore attenzione verso le persone in difficoltà.
La sua iniziativa ha il potere di ispirare altri educatori e cittadini a unirsi in questo sforzo, sottolineando che la solidarietà e l’empatia possono fare la differenza nella vita di chi si trova in situazioni vulnerabili.
In un contesto così complesso e spesso difficile, la storia di Rachela Baroni e della sua studentessa rappresenta un esempio di come la comunità possa unirsi per affrontare le ingiustizie e garantire che ogni individuo, indipendentemente dalla propria origine, abbia accesso ai diritti fondamentali e alla dignità. La lotta per la giustizia sociale continua, e storie come questa ci ricordano l’importanza di non rimanere in silenzio di fronte alle difficoltà altrui.