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Rogatorie, sì del Senato alla legge

Con 161 sì, 111 no e un astenuto, è stato approvato il ddl sulle rogatorie. Ma in aula è stata battaglia. Striscione dei verdi contro Previti. Prima del voto finale, Pera attacca: “Non mi faccio intimidire”.

ROMA – Niente franchi tiratori al Senato. E niente colpi di scena dell’ultimo minuto. Ma ancora tante polemiche, tanti incidenti e tante risse verbali durante il voto finale sulle rogatorie internazionali. In aula appare persino uno striscione, quello che i Verdi srotolano con su scritto ”Previti conta perché ha questo conto…”. Giornata isterica, quasi nervosa la reazione di Marcello Pera, il grande accusato del dibattito più infuocato della legislatura, che prima di dare inizio alle votazioni finali sbotta: “Sappiate – dice rivolgendosi ai banchi dell’opposizione – che non mi faccio intimidire da nessuno”.

Comunque sia la fatidica normativa che ridisegna le procedure per acquisire prove e documenti processuali dall’estero diventa legge a tutti gli effetti intorno alle 14:40. In attesa che sia Carlo Azeglio Ciampi a promulgarla, come da prassi costituzionale, oggi Palazzo Madama le ha dato il suo via libera definitivo in seconda lettura. I voti favorevoli sono stati 161 e quelli contrari 111 (un astenuto, Domenico Fisichella)
Un epilogo legislativo a cui si è arrivato con una rissosità assai simile a quella di ieri. Tanto è vero che ad un certo punto, per interrompere “dei tumulti deliberatamente provocati”, il Presidente Marcello Pera ha dovuto sospendere la seduta (che pure godeva della diretta televisiva sulla Rai) dichiarando anche che quei comportamenti “erano una vergogna di fronte al Paese”. E poco prima lo stesso Pera aveva addirittura espulso dall’aula due deputati del centrosinistra (Renato Cambursano e Nando Dalla Chiesa) che si erano contraddistinti per la loro particolare animosità.

D’altronde sin dall’avvio dei lavori odierni l”Ulivo era tornato a frapporre una nuova serie di schermaglie procedurali (aveva tentato senza successo anche un nuovo blitz con il voto segreto su un emendamento) al varo del fatidico ddl. E poco più tardi qualche accenno di gazzarra s’era riaffacciato nel momento in cui Roberto Manzione (Margherita) ha provocatoriamente citato l’onorevole Cesare Previti (Forza Italia) come possibile beneficiario principale delle nuove norme processuali.

Ma i toni più veementi si sono registrati al momento delle dichiarazioni di voto finali. Quelle che godevano della diretta televisiva sul Raitre. Quelle insomma nel corso delle quali i partiti erano chiamati a esprimere compiutamente il loro assenso o dissenso nei confronti del disegno di legge in dirittura d’arrivo.

In questa occasione infatti i senatori Verdi hanno pensato bene di esporre due striscioni destinati ad incendiare gli animi. Su di uno c’era scritto il numero del presunto conto bancario svizzero intestato all’onorevole Previti, che sarebbe legato al cosiddetto processo sulle “toghe sporche”. L’altro riportava la frase: “Previti conta perché ha questo conto”.

Intanto, dopo la scontata censura al provvedimento di Luigi Malabarba (Rifondazione comunista) anche Achille Occhetto preannunciava con durezza il voto contrario degli ulivisti. “Il governo ha fretta di scappare con un bottino dei primi centro giorni. – diceva l’ex leader della Quercia – E con questa legge vanifica la collaborazione internazionale sui finanziamenti criminali”. Subito dopo, non appena Francesco D’Onofrio annunciava il sì del Biancofiore, citando la persecuzione giudiziaria nei confronti di Severino Citaristi (ex tesoriere della Dc) e paragonandola a quella che subiva ora Previti, si scatenava di nuovo la bagarre. E allora, come detto, Pera sospendeva la seduta dopo aver espulso due senatori ulivisti.

Solo dopo circa mezz’ora il Presidente del Senato riapriva i lavori e riammetteva uno degli espulsi (Dalla Chiesa). Facendo però precedere il riavvio da una breve premessa con cui tornava a chiedere a tutti i senatori “il rispetto per un’istituzione prestigiosa come il Senato”. Il clima si raffreddava un po’ e quindi ripartivano le dichiarazioni di voto. C’era quindi subito quella assai critica di Willer Bordon “Il provvedimento sulle rogatorie odora di zolfo – dichiarava il capogruppo della Margherita – perche’ molti esponenti della maggioranza sono inquisiti”. E poi aggiungeva: “Se per favorire l’impunita’ di Berlusconi e altri suoi amici dobbiamo smantellare l’ordinamento giuridico e giudiziario, allora lo presenteremo noi, un provvedimento che escluda da qualsiasi provvedimento giudiziario Berlusconi e altre 10 persone a sua scelta”.

Poi toccava a Domenico Nania (An) replicare. E allora l’esponente della maggioranza insinuava il dubbio che il ritardo con cui si vara questa legge si deve al bisogno del centrosinistra di coprire certe irregolarità processuali compiute da magistrati amici. Ma di certo il più aggressivo era poco dopo il diessino Massimo Brutti. “Con quale credito morale – si chiedeva infatti nel suo intervento l’esponente della Quercia – questo governo chiederà alle forze dell’ordine di sacrificarsi contro il crimine, dopo che approva una normativa che aiuta i finanziamenti internazionali del terrorismo?”. Poi parlava di quella odierna come di “una giornata avvilente per la storia della democrazia”.

L’ultimo a parlare era Renato Schifani (Forza Italia). E lo faceva accusando anche lui l’opposizione di aver rallentato l’iter della legge per fini di parte. Ma anche del fatto che l’Italia avrebbe dovuto in passato subire le critiche dal governo e della magistratura svizzera per l’uso improprio che alcuni giudici facevano delle carte processuali che quel paese trasmetteva al nostro.

Alla fine comunque arriva il varo ultimativo. Ora però forse l’Ulivo si attiverà subito per un referendum abrogativo. Ma qualcuno nel centrosinistra ipotizza anche che prima o poi potrebbe non firmare la legge per un vizio tecnico che riguarda la tarsmissione del testo dalla Camere al Senato

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Redazione