L’equilibrio Nord-Sud non è più una priorità. Basta leggere la Finanziaria a partire dalla Tremonti-bis Catania, Ciampi, la programmazione, sono passato remoto. Tocca al sindacato tornarne a fare una bandiera. Leggendo la Finanziaria, il riequilibrio Nord-Sud non sembra più essere una priorità del Paese.
Davvero sembra lontana anni luce la Conferenza di Catania del dicembre ’98 dove l’allora Ministro del Tesoro Ciampi scandiva i tempi: il PIL del Sud nei successivi 10 anni sarebbe dovuto crescere ad un ritmo doppio di quello nazionale. questo obiettivo dovevano essere ricondotte tutte le politiche per il Sud, dall’utilizzo dei fondi strutturali, alla programmazione negoziata, agli incentivi per imprese e lavoro, alle infrastrutture.
C’è stato negli anni successivi qualche timido segnale, ma da qualche tempo si è determinata una clamorosa situazione di stallo con grave pregiudizio delle aree meridionali.
Gli indicatori sono sotto gli occhi di tutti. rima la Tremonti bis (peraltro già criticata dagli stessi imprenditori) strutturata per far incrementare lo sviluppo nelle aree già fortemente industrializzate, senza nessuna funzione di riequilibrio. Poi la Finanziaria che opera una riduzione sistematica di tutte le dotazioni in materia di sviluppo e di Mezzogiorno.
A fronte di ciò il sindacato ha avanzato e continua a sostenere (assieme ad altri soggetti politici ed economici) la proposta di rendere cumulabili (e non alternativi) per il Sud la Tremonti bis e il credito d’imposta per gli investimenti, come misura indispensabile per attrarre nuovi investimenti per il Sud, anche dall’estero.
Per trovare la copertura a questa e ad altre misure, altrettanto necessarie, il Governo dovrà predisporre opportuni emendamenti alla Legge Finanziaria: ciò riguarda in particolare il capitolo Aree depresse (sono previsti 4.500 MD in meno nel 2002), il rifinanziamento della L. 488 (anch’esso inferiore al trend ipotizzato dalla precedente Finanziaria), il fondo di rotazione per il cofinanziamento dei fondi comunitari, paurosamente esile nel 2002/2003, la programmazione negoziata, che non vede nessuna risorsa in Finanziaria.
A ciò si aggiunge il capitolo infrastrutture nel quale ai giochi di prestigio del Ministro Lunardi che sta moltiplicando promesse in tutte le Regioni (del Nord e del Sud) fa riscontro una Finanziaria che prevede uno stanziamento di 6000 miliardi assolutamente insufficiente a mantenere il già lento ritmo di spesa degli anni precedenti: le grandi incompiute del Sud dalla SA -RC, all’alta velocità ferroviaria, alla rete idrica sono, purtroppo, destinate a rimanere tali, se non cambiano rapidamente le scelte e i comportamenti del Governo.
Ma, anche oltre la scadenza della Legge Finanziaria, il tema resta il rilancio dello sviluppo in tutte le aree del Sud e questo è possibile attraverso un tempestivo e corretto utilizzo dei Fondi Comunitari 2000-2006 e una incisiva attuazione della Programmazione negoziata, cioè i Patti territoriali, i Contratti d’area, i Contratti di programma.
Sui Fondi Comunitari non può non preoccupare, da un lato lo scarso impegno del Governo che si desume dalla limitatezza di risorse impegnate per il cofinanziamento e da una clamorosa inerzia gestionale, testimoniata dal fatto che, ormai da sei mesi, viene continuamente rinviata la nomina del Capo-Dipartimento, e resta tuttora imprecisata la missione di Sviluppo Italia.
Dall’altro la difficoltà delle Regioni (che sono responsabili del 75% delle risorse) ad attivare procedure e tempistiche di utilizzo qualitative ed efficaci. Se consideriamo che da quest’anno è in vigore il disimpegno automatico delle risorse non spese, il rischio di compromettere fin da subito anche la potenzialità dei Fondi Comunitari 2000-2006 è altissimo.
Il tempo non è molto e occorrono urgentemente scelte che invertano la tendenza allo stallo e all’inerzia, a meno che l’obiettivo non sia proprio quello di non spendere bene le risorse, per poterle, poi, all’ultimo momento spendere secondo vecchie consuetudini, che poco gioverebbero però al Sud.
Anche per evitare questo è necessario che non venga abbandonata la Programmazione negoziata, con buona pace del ministro Miccichè , che l’ha elevata a suo bersaglio preferito.
Da oltre un anno i Patti Territoriali sono nel limbo del rimpallo da un Ministero all’altro, ora sono allocati presso il Ministero delle Attività Produttive ma la Legge Finanziaria li ignora. E’ prevista la loro regionalizzazione, ma le Regioni temono di ricevere competenze senza risorse, per cui si guardano bene dal muoversi.
E intanto… su 11.000 miliardi stanziati ne risultano spesi poco più di 1.200, interi territori aspettano da mesi lo sblocco dei finanziamenti per investimenti già operativi, molte imprese scoraggiate cambiano idea.
Il sindacato chiede con forza che, anche selezionando con cura i Patti territoriali, si arrivi rapidamente a smobilizzare, da parte del Governo le risorse stanziate, a stipulare con le Regioni appositi accordi-quadro che accompagnino il passaggio, a incardinare i futuri Patti Territoriali all’interno dei programmi di sviluppo locale, costruiticon un ruolo attivo della concertazione sociale nel territorio, come base per un grande processo di delocalizzazione di investimenti dalle aree ormai sature del Nord verso il Sud, per invertire quello che ormai sta diventando un nuovo flusso migratorio di lavoratori Sud-Nord.
Per tutti questi motivi il Sindacato Confederale continua a richiedere un negoziato coordinato e stringente al Governo che, peraltro continua a non rispondere.
Per questo allora l’Assemblea nazionale dei delegati del Sud nel prossimo gennaio è chiamata non solo a puntualizzare e riformulare le proposte del sindacato perché non si interrompa il cammino dello sviluppo al Sud, ma anche a costruire una mobilitazione dei territori, nelle regioni, nei confronti del Governo affinché tutti assumano le proprie responsabilità e diano le necessarie risposte.