Il Procuratore generale Vincenzo Apicella è impietoso sullo stato dei conti pubblici: sanità e pensioni sono “mine vaganti” e servono scelte impopolari. Un errore eliminare il ticket sui farmaci.
ROMA – Il bilancio dello Stato fa acqua? Non si raggiungerà l’obiettivo di un rapporto deficit/Pil dell’1%? Per la Corte dei Conti è la storia di un “buco” annunciato. Una storia scritta a caratteri cubitali già nel bilancio del 2000. Lo dice il Procuratore Generale della Corte dei Conti, Vincenzo Apicella, nel giudizio sul rendiconto generale dello Stato,che sottolinea la presenza di due fattori di rischio cronici: sanità e
previdenza. Due capitoli su cui è necessario intervenire presto e subito anche a costo di fare provvedimenti impopolari. Nel corso della presentazione della sua relazione Apicella ha sottolineato che la spesa previdenziale “è una mina vagante” e la spesa sanitaria “è da sempre in continua ascesa, oltre al 6% annuo”, pertanto sia per la sanità sia per le pensioni “è necessario procedere a scelte politiche anche impopolari, che, pur tenendo conto delle giuste esigenze dei lavoratori, con graduale incisività metta sotto controllo la spesa del settore”. Più che una relazione, insomma, si è trattato di una vera e propria requisitoria sul bilancio 2000 dello Stato. L’intervento su pensioni e sanità sigiustifica con il “mancato decollo della cosiddetta previdenza complementare, delle remore costituite dall’imponente contenzioso e dei ritardi nell’attuazione del programma di dismissione del patrimonio immobiliare degli enti”. In particolare, sulla spesa complementare pesa, oltre all’invecchiamento della popolazione, “la ricerca di un welfare soddisfacente e, in più, l’onda lunga di antiche, troppo generose normative”. Ma non basta. La spesa sanitaria, secondo il procuratore generale della Corte dei Conti, è particolarmente marcata nel comparto farmaceutico “il cui incremento, secondo i dati dell’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali, è stato tale nel 2000 da raggiungere la percentuale di aumento, rispetto all’anno precedente, di oltre il 15%”.
L’esenzione dal pagamento dei ticket per una parte di medicinali, inoltre, rileva Apicella, introdotta dal primo gennaio 2001, “non giova certo, nemmeno ancora gioverà in futuro all’alleggerimento dei conti pubblici anche per il conseguente aumento dei consumi”. Riconoscere le cause dell’impennata della spesa sanitaria, osserva il procuratore generale della Corte dei Conti, “non porta, però, di per sé a risolvere il problema finanziario contabile che potrà essere ragionevolmente affrontato solo se tutti, Stato Regioni Aziende sanitarie e cittadini, si renderanno conto che la sanità oggi ha un costo ben maggiore che nel passato e che ciascuno dovrà fare la sua parte per affrontarlo.