Il Consiglio dei ministri ha approvato la Finanziaria da 33 miliardi di lire. Ultimatum sulla previdenza: accordo entro il 15 novembre o delega. I sindacati preparano modifiche comuni. Confindustria aspetta le riforme.
Trentatremila miliardi di lire, circa 17 milioni di Euro. A tanto ammonta la Finanziaria 2002, approvata nella notte dal Consiglio dei ministri. Una manovra che prevede, tra gli altri, l’approvazione di tre disegni di legge collegati, tra cui la delega per la riforma fiscale, la previdenza, il mercato del lavoro e la pubblica amministrazione, un provvedimento per la sburocratizzazione che prevede la trasformazione di alcuni enti pubblici in Spa. Ben 6.300 miliardi, poi, saranno destinati per aumentare le pensioni minime e le detrazioni per chi ha figli a carico. Una Finanziaria che, come dice il comunicato diffuso dal Governo, allontana dall’ “area della povertà oltre due milioni di cittadini”. Una Finanziaria che riduce di 10mila miliardi le spese dei ministeri, ma esclude dai risparmi le “Forze armate, le forze di Polizia e la spesa sociale”.
La delega che farà certamente più discutere, anche per i termini in cui l’ha presentata il viceministro dell’Economia Mario Baldassarri, è quella sulla previdenza. In mattinata si era sparsa la voce che il governo avesse rinunciato a presentarla. Poi la conferma e le parole di Baldassarri che suonano un po’ come un ultimatum. Dice Baldassarri: “Se non ci sarà accordo con le parti sociali, le misure sulla revisione del sistema pensionistico e del mercato del lavoro potranno essere tradotte in norma senza ricorrere alla delega”. Un modo probabilmente per mandare a dire ai sindacati che, o trovano il sistema di accordarsi col governo entro il 15 novembre al tavolo della verifica sulla spesa previdenziale, oppure il governo procederà facendosi consegnare da un Parlamento dove schiacciante è la maggioranza della Casa delle libertà una delega che potrà poi essere tradotta in un decreto legislativo immediatamente operativo. E’ questo il senso dell’iniziativa del governo e delle parole di Baldassarri? I sindacati, intanto, affilano le armi. Riunione mattutina dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil e costituzione di un gruppo di lavoro comune che la prossima settimana presenterà al Parlamento le modifiche a quest manovra.
Il direttore generale di Confindustria, Stefano Parisi, giudica invece positivamente le scelte di metodo seguite per la Finanziaria, ma per un giudizio complessivo sulla manovra, dichiara di attendere il Ddl sulle riforme. Rammarico invece per una stima troppo alta dell’inflazione e per gli scarsi finanziamenti in ricerca e sviluppo.
Tra le novità introdotte, infatti, un aumento degli sgravi fiscali per chi ha figli a carico (fino a un milione per le famiglie con un reddito inferiore ai 70 milioni) e l’aumento di un milione di lire per quei pensionati che hanno redditi inferiori a 13 milioni annui. Deciso, poi, il blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione per un anno, la proroga del bonus benzina di 50 lire, un decreto legge per aiutare le compagnie aeree danneggiate dagli attentati Usa, il blocco dei fondi riconducibili a organizzazioni vicine a Bin Laden, la riduzione del 20 per cento dei fondi di spesa per il ministero dell’agricoltura. Scompare, poi, l’Invim. E compare il diritto di opzione per la liquidazione della pensione con il metodo contributivo che varrà solo per quei lavoratori che avevano meno di 18 anni di contributi alla fine del 1995, anno del varo della riforma Dini.
Questo scritto in un decreto legge approvato nella notte dal Consiglio dei ministri.
Approvata la manovra economica che il ministro Gasparri era tornato a chiamare “manovra di guerra”. Una manovra che sembra essere soltanto l’inizio perché, lo ha detto Tremonti, le incognite della congiuntura internazionale possono portare “sacrifici per tutti”. Ne è consapevole il presidente della Repubblica che ha visto in anticipo il testo e ha “ringraziato il Governo” facendo sapere che dopo il controllo di legitimità “autorizzerà la presentazione al Parlamento dei documenti di bilancio”. Ne è consapevole il Governatore della Banca d’Italia che ha assistito in diretta, a palazzo Chigi, alla discussione.
Tuttavia la situazione dei conti publici non pare essere così drammatica come il governo e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, avevano prospettato all’indomani delle elezioni. Nella Relazione previsionale e programmatica che fissa il quadro della grandezze macroeconomiche per il triennio, infatti, l’esecutivo fissa un rapporto deficit-Pil a fine anno intorno all’,1,1%. Non lontano quindi, ammette lo stesso governo confermando le anticpazioni del Nuovo, “dall’obiettivo europeo”. Il buco quindi sembra essersi ridimensionato per la spinta di un assolutamente migliore andamento delle entrate, e alla speranza pertanto di un ancor migliore performace dell’autotassazione di novembre. La crescita del Pil viene fissata per l’anno in corso al 2 per cento.
Era cominciata con uno sbattere di porte questa lunga giornata trascorsa a limare il testo del documento che vede scritta la cifra di 33mila miliardi. Porte sbattute in via XX Settembre dai sindacati che mercoledì avevano trovato una difficile e precaria unità nel chiedere “chiarimenti e aggiustamenti”. Chiarimenti e aggiustamenti che il ministro Tremonti non ha dato. Né ieri, né stamattina, come aveva promesso. E stamattina, i tre segretari generali sono tornati a incontrarsi: una commissione unitaria preparerà modifiche alla Finanziaria da presentare al Parlamento. Lunedì, Cgil, Cisl e Uil, faranno le loro singole valutazioni.